SILENTIUM


Creature del mare, libere di nuotare tra alghe e coralli, in veloci e sincronizzate coreografie, o di spostarsi pigramente tra la sabbia dei fondali in solitaria esplorazione.

Queste immagini catturano la nostra attenzione, ci attirano ad esplorare gli abissi in compagnia dei loro abitanti o, semplicemente, ci incuriosiscono nel seguire i loro spostamenti, a fior d’acqua o sulla sabbia.

Ma poi, davanti ai banchi del pescivendolo, dimentichiamo il fluttuare della piovra, il saettare di un branco di sardine o il lento avanzare di un granchio. L’ambiente è mutato, cancellandone la dimensione lirica.

Eppure, nonostante la vita interrotta, deposti in quelle cassette colme di ghiaccio per conservarne al massimo la freschezza, essi sembrano ancora danzare in sinuose e perfette scenografie, comunicando in un tragico e muto silenzio il loro ultimo respiro, il loro grido impotente, il loro anelito alla vita.

Aggirandomi tra i banchi dei mercati, tra la gente intenta a scegliere il tipo di pesce, davanti ai richiami dei venditori, in mezzo al brusio della folla nell’ora di punta, ho percepito questa loro invocazione, il loro invito a soffermarmi, ad ammirare la loro composta bellezza come ultimo omaggio alla vita. Le voci intorno si sono improvvisamente smorzate, sovrastate da quel grido muto e disperato di un rassegnato silenzio antico.

Non ho potuto far altro che cogliere questo loro messaggio, congelato per sempre in quegli occhi fissi e vitrei, in quelle bocche aperte nell’ultimo richiamo, in quel movimento sinuoso fermato per sempre.

Silentium.